cose importanti | Diari della quarantena

I diari della quarantena

12 Marzo 2020

Prologo

Ecco, ci siamo arrivati: tutto chiuso (o quasi), tutti a casa (o quasi).

Io reclusa da martedì 10 marzo: in pratica sono andata in ufficio per chiudere alcune cose e per prelevarne altre che mi serviranno nei prossimi giorni, dopodiché sono tornata a casa e qui ho intenzione di rimanere finché hanno detto di stare, qualunque sia il giorno. Nel momento in cui è arrivata la comunicazione che si poteva lavorare da casa mi ha preso un gran sconforto, io che ho sempre scalpitato per il telelavoro invece di essere contenta provavo un gran magone – ok, è diverso farlo per vantaggio o per obbligo – e con il magone sempre di sottofondo procedo nelle giornate. Che poi, la reclusione totale è iniziata martedì, ma se vado indietro con la mente è iniziata almeno due settimane fa, prima si usciva pochissimo, poi sempre meno, poi E se avessero ragione? poi Ok solo per stasera, poi basta definitivamente.

(a parte che sto lavorando più di prima, ma sono anche contenta perché a parte passare meglio il tempo, insomma, proviamo tutti a fare più del solito per restare a galla, no?)

Mi approvvigiono di cibo per me e per i gatti attraverso i servizi di consegna a domicilio, sperando più che altro che non diventino schizzinosi sulle pappe che mi sono già procurata come scorta. Ho un arsenale di frecce al mio arco: mi piace stare in casa, mi piace stare sola, comunque ci sono i gatti (chi li ha sa che sono fonte di grande intrattenimento), ho diecimila ciappini tecnologici con cui restare in contatto con tutti (soprattutto con i miei genitori che si sono auto-messi in quarantena già dalla settimana scorsa), mi sento bene a parte l’allergia ai pollini perché fuori è primavera, nonostante tutto. Ho anche scorte di antistaminici, ovviamente.

Staremo a vedere.

Day 1

In pratica un giorno normalissimo: lavoro, lavoro, lavoro, un po’ dall’ufficio e un po’ da casa. Aiuto e do consulenze agli amici che hanno attività, soprattutto per quanto riguarda metodi alternativi di comunicazione in funzione dell’imminente aria di chiusura totale che si sta già respirando.

Non ho ancora fatto la spesa ma essere figlia di due quasi-ottantenni sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale fa sì che io abbia scorte di cibo distribuite per casa: mi impongo tuttavia di non esagerare e continuare con il regime alimentare che mi ha dato il nutrizionista, non esco a correre perché non trovo il tempo prima che faccia buio, vedrò nei prossimi giorni cosa si può fare e cosa mi andrà di fare. Barando un po’ con l’interpretazione del Decreto attualmente in vigore, ceno a casa di Luca sentendomi però in colpa. Torno a casa presto, guardo un film e vado a dormire.

Day 2

Un altro giorno molto normale, si lavora a ritmi sostenuti, ci sono tantissimi input a cui rispondere fra telefono, mail, messaggistica varia: le notizie cambiano di minuto in minuto e da giornale in giornale (io scelgo di fidarmi solo di uno, vi consiglio quindi Il Post), tutti abbiamo una gran voglia di aiutare e di dire la nostra, si dà vita a Gruppi, chat, qualsiasi strumento che ci permetta di sentirci vicini, sentirci un po’ utili, forse sentirci anche un po’ meno soli. Comincio ad attingere alle risorse messe a disposizione dalla Solidarietà Digitale.

Io non mi sento particolarmente sola, al momento: dopo pranzo mi metto addirittura a prendere il sole sul balcone e, dopo la consegna della spesa (a debita distanza, porta chiusa e disinfezione durante e dopo), apro una bottiglia di vino e mi collego in chat con alcuni amici, ci facciamo qualche risata ma l’argomento al 90% è il solito.

Ceno, guardo un film ma faccio l’errore di guardare anche il discorso a reti unificate di Conte e mi viene un po’ di magone perché fa un bel discorso, è triste e comunica brutte notizie ma ha un atteggiamento positivo e mi smuove l’emotività: fortunatamente non sono la sola e trovo conforto nello sconforto (assurdo ma vero) condiviso con gli altri. Vado a dormire e faccio un incubo: qualcuno che non posso vedere, con una voce demoniaca in videocall, mi dice qualcosa che mi fa molta paura e che ora non mi ricordo più. Mi sveglio un po’ agitata e mi sale la paranoia di avere la tosse, invece bevo un bicchiere d’acqua e sto bene. Mi riaddormento cosparsa di gatti.

Day 3

Mentre faccio colazione inizio la mia personale campagna di informazione one-to-one agli americani: dopo un mezzo flame su Instagram dove un’attrice minimizza l’emergenza, scrivo alla mia amica Cheryl a Los Angeles e la prego di stare attenta.

Sto rispettando le regole che mi sono data: no al cibo spazzatura e mantenere una dignità estetica, difatti anche oggi mi sono vestita comoda per stare in casa ma carina, mi sono perfino lavata i capelli perché ho fatto venti minuti di workout sul tappeto elastico (sembrava un acquisto del cazzo eh? E invece…). Anche oggi lavoro, call, progetti. Mi invento una nuova antologia con Morozzi perché qui senza scrivere non ci si sa stare, è indubbio. Il nuovo Decreto ha chiuso praticamente tutti gli esercizi commerciali tranne alcuni che sono fondamentali o comunque molto utili (tipo i tabaccai) anche se io continuo a vedere dal balcone della gran gente in giro, però va detto che molti stanno facendo solo passeggiare il cane.

Iniziano i primi contagi VIP: dopo Luis Sepúlveda e un paio di atleti, oggi Tom Hanks ha dichiarato che si è preso il virus in Australia (questo perché siamo malati solo noi, infatti stanno rimandando i maggiori eventi di tutto il mondo perché si tratta di una sciocchezza solo in Italia e in Cina, certo come no). Un amico per rincuorarmi della situazione mi dice “Non moriremo, ma passeremo alla storia“, vabè speravo per altro ma che dire, fidiamoci.

Oggi giornata di videocall: la prima con mia mamma, che aiuto per una cosa che non le funziona sul computer (e che risolviamo, brava mamma!), la seconda con i miei amici di ieri e in serata ci parliamo anche con Luca: è strano perché a volte si “scade” nel trovare éscamotage alla fuga, ma poi ci si ricorda che non siamo chiusi in casa perché son tornati i nazisti, ci stiamo per non ammalarci e per non permettere che si ammalino anche altri. Si beve ancora, chi birra, chi vino, poi ci si saluta e ognuno torna alle proprie cose. Dopo cena metto su un film e spero che non ci siano altri discorsi di Conte alla nazione, che stanotte vorrei fare sonni sereni.

(to be continued)
LdC

 

 

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