dialoghi surreali | poteva andare peggio! | un po' di sano cinismo

Dialoghi surreali – Prima che arrivino i Maya.

8 Marzo 2010

Antefatto: dopo avermi convinto a rifarmi il setto nasale il mio moroso, lanciatissimo, ha preteso che mi facessi anche le prove allergiche «perché di sentirti sternutire da aprile a giugno non ne ho voglia». Un po’ dispotico, il ragazzo, anche se devo ammettere che ha ragione da vendere. Mi fido ciecamente di lui, tant’è che mi faccio scrivere la famosa impegnativa dal medico curante.

Prima visita allergologica.

Con il mio fogliettino rosso in mano, compongo fiduciosa il numero del Cup di Bologna (realtà recentemente salita alla ribalta per alcune mediocri vicende) e mi informo sulla disponibilità. Che, come nella maggior parte dei casi, prevede una lista d’attesa. Mi metto in lista e gentilmente ringrazio.
Conscia del tempo trascorso per il setto nasale (quattro mesi per la visita e ulteriori sei per l’intervento) provo ad informarmi anche presso uno studio medico privato che, non so in base a quale tariffario calmierato, mi propone la medesima prestazione con una maggiorazione di soli tredici euro.
Da vera comunista quale sono, quindi fermamente convinta del buon funzionamento della sanità pubblica, concettualmente rifiuto l’idea e decido di dare una chance alla mia Asl, continuando ad attendere (nonostante l’idea dell’éscamotage privato mi solletichi non poco).

Dopo pochissimi giorni ricevo un messaggio sul cellulare: carissima LdC, la lista d’attesa si è sbloccata, contatti al più presto il call center per il suo appuntamento. Vedete? Gente di poca fede! È bastato pensare positivo!
Compongo il numero.
Fornisco nome, cognome e tutti i dati necessari ad un’operatrice in evidente imbarazzo.
(in effetti non vorrei essere nei suoi panni quando deve comunicare queste cose)
«Bene, signora» mi dice «il suo appuntamento è a Casalecchio di Reno alle 10 del mattino. Il 20 settembre 2011».
Duemilaundici!?!?!?
«Mi perdoni, ho capito bene? Duemilaundici?» chiedo per sicurezza.
«Duemila, ehm, undici» conferma l’operatrice.

Ringrazio e riappendo. Seppur fegato e bile mi stiano lanciando evidenti segnali non mi arrabbio neanche, perché so che non è colpa della mia interlocutrice.
Mi fermo un attimo, ancora con la mano sul telefono, e penso: sticazzi.
Chiamo l’ambulatorio privato.
Il 18 marzo sono da loro.
Diciotto marzo. Di quest’anno, eh?

LdC

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