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Sweet home, Porretta.

24 Luglio 2007

Finalmente la fotogallery.

Lo sapevo che mi sarebbe venuto lungo una quaresima il post sul Porretta Soul Festival, lo sapevo che prendere appunti alle tre di notte invece di andare a letto avrebbe dato i suoi frutti, lo sapevo che la Moleskine era il regalo più utile che mi si poteva fare. Belle, bellissime impressioni. Il festival più democratico a cui abbia mai assistito: non ci sono tribune vip, non ci sono posti più belli di altri, vige il chi primo arriva meglio alloggia, vige il mio spazio non è il tuo spazio, vige il non rompiamoci le palle ed entrambi godremo dello spettacolo e se non stai seduto, te che sei davanti, ti tiro una bottigliata. I ricchi di fianco ai poveri, gli ingressi a pagamento di fianco ai biglietti bazza, la gente famosa mescolata agli illustri sconosciuti. Tutti seduti dove capita. Noi, per la precisione, per terra di fronte al palco. Che tra l’altro non era un palco ma più che altro una pedana, perché era ad altezza pubblico, il che abbatteva definitivamente anche l’ultimo distacco fra artisti e spettatori. Che ci ho rimesso l’incolumità di una giacca di jeans e di una gonna che sono più da esorcizzare che da mettere in lavatrice, che ho ancora i postumi del mal di schiena e sto valutando un trapianto di chiappe, però diciamocelo francamente: una sequenza pressoché ininterrotta di miti del soul e r&b, e permettetemi che soul e che r&b, ma chi se l’aspettava? In realtà a me Lorenzo me l’aveva detto saremo di fronte alla storia della musica, ma io credevo che fosse più che altro un suo personalissimo parere, che a me sarebbe piaciuto ma con moderazione, che io più che altro avevo accettato di andare a Porretta per il fresco e per comprare l’omonimo dolce.

 

Invece.

                                                                                                  

Innanzitutto è un bel paesello, non me lo ricordavo anzi forse non c’ero mai stata (almeno in età adulta) e mi ha sorpreso positivamente. Certo alloggiare all’hotel Salus non è il massimo del glamour, ma noi non ci siamo fatti scrupoli, dopotutto avevo anticipato che anche se non fuori, siamo comunque vecchi dentro. Andava bene, benissimo anzi. Arrivo quindi all’hotel Salus con contestuale abbassamento dell’età media che da ottantacinque è passata a cinquanta in soli due minuti di check in, sistemazione paranoie alberghiere della sottoscritta, doccia e via, pronti per la serata senza nemmeno mangiare (vabè io non ero stata bene, confesso, comunque si è recuperato il giorno successivo) che Lorenzo mi dice ma come mai inizia alle otto? E io – con tono accondiscendente da profonda conoscitrice della manifestazione – ma ovvio, siamo a Porretta, la gente andrà a letto alle dieci. Sì, alle dieci difatti. Ci hanno mandato a casa alle due. Così eh? Per dire. Gente che ha più anni di me e di lui messi assieme ci ha fatto fare le ore piccole: lui con le occhiaie come Samsonite, io con la colite e gente di settanta e passa anni ancora lì a bere vino. Mah. Potenza del soul mi vien da dire.

 

Dopo un brevissimo giro per il paese con annesse bancarelle e amena paccottiglia, che nella piccola (piccolissima, ahimè) arena del Festival stavano ancora facendo il sound check, ascoltati cinque minuti i Mr.Pitful che intrattenevano il pubblico a piazza della Libertà, dopo qualche foto per il sommo gaudio della sottoscritta e una ricognizione per la fornitura di Tortino dell’indomani, sfoggiando i nostri braccialetti rossi con su scritto Porretta Soul Festival, ci siamo accomodati per terra proprio a due metri dal palco. Di fianco a noi, come ad ogni manifestazione di questo genere che si rispetti, vari esempi di umanità mista, dalla coppia spagnola ubriacona che da mezzanotte in poi ho smesso di contargli i cocktail ma dovevano essere tanti visto che lei si è successivamente assentata in compagnia di due sconosciuti e lui non ha fatto una piega e che mi ha involontariamente rovesciato addosso tutto il rovesciabile (ma tanto, dopo Cade, come dire, ci sono abituata a far le docce col Coca e Rhum) ai giovanotti ferraresi con cui ho fatto balotta, passando per varie conoscenze e amicizie sparse, finendo a umarells, cinni scurzoni con piadina e salsiccia e “cose” simili.

 

Diciamo che praticamente da subito ho capito che il mio dolcissimo fidanzato – che in quanto a musica non si fa certo mettere i piedi in testa da nessuno – non stava sproloquiando né vaneggiando né cercando di vendermi qualcosa alterandone la qualità quando mi diceva saremo di fronte alla storia del soul, un po’ perché tutti quelli che ho incontrato hanno detto la stessa frase – che lo so che ho incontrato solo Giorgio, ma faceva più fico dire tutti quelli che ho incontrato, come se io facessi molte più cose e vedessi molta più GGènte di quel che sembra – insomma tutti quelli che ho incontrato mi hanno detto saremo di fronte alla storia del soul e io che dapprima rispondevo ironicamente con un vi siete messi d’accordo? alla fine, insomma quando è finito il tutto, insomma alle due e sblìsga, mentre mi facevo fotografare con sconosciuti, stringevo mani a chitarristi e bassisti e cantanti, mi complimentavo con varie leggende della musica e mi intrattenevo simpaticamente a fare public relations in giro, ho realizzato che veramente ci siamo trovati di fronte alla storia del soul. Mica pizza e fichi. E poi un altro paio di cose che veramente hanno fatto la differenza, almeno secondo me, sono a) il contrasto fra i divismi assolutamente fuori luogo dei nostri artisti che talvolta per quanto sono spocchiosi ti fanno passare la voglia di scaricarti comprarti i loro cd e l’assoluta disponibilità di queste persone che non si fanno il bencheminimo viaggio e b) l’entusiasmo di uomini e donne peraltro non più giovanissimi che si smazzano viaggi intercontinentali, che avrebbero già fatto abbastanza soldi per potersi ritirare ad una dignitosissima vita privata, che si sottopongono a prove, concerti e ritmi di vita decisamente pesanti e li vedi che lo fanno per passione, perché mentre suonano ridono, si divertono, scherzano tra loro e soprattutto non si esibiscono e tanti saluti e grazie ma restano a godersi l’esibizione degli amici e colleghi. Che questo, sempre secondo il mio modesto parere da profana, è il messaggio che dovrebbe veicolare la musica. A tutti i livelli, dico. E così come a loro non pesa suonare e agitarsi e coinvolgerti e cantare e ballare e dimenarsi, a te non pesa restare cinque ore senza cibo e acqua che le bancarelle sono troppo lontane e dovresti calpestare duecento persone per arrivarci e tu quelle persone lì, anche se non sai chi sono, non le vuoi disturbare. Non importa se siamo stretti, non importa se siamo stanchi: il potere della musica va oltre tutto questo.

 

Per puro piacere di cronaca e anche un po’ per farmi il viaggio dell’io c’ero e voi no elenco gli artisti e i gruppi che abbiamo avuto la fortuna di vedere, ascoltare e in alcuni casi conoscere, in rigoroso ordine sparso perché quello di apparizione non me lo ricordo più: Toni Green, Booker T. & The MG’s, Jimmy McCracklin (87 primavere), Sugar Pie DeSanto (72 anni e non sentirli), la speciale apparizione di Sir Mack Rice che è diventato l’amico del cuore del mio moroso, che poi se gli va lo spiega lui nei commenti il perché e ovviamente la Blues Brother Band (con Eddie Floyd, che per chi non lo sapesse è quello di Knock on wood) che quando la senti suonare pensi ma senti come suonano bene le canzoni del film, poi pensi che le canzoni del film – e il film – sono loro, non stai ascoltando una dei milioni di cover band che intrattengono la gente ai matrimoni, stai ascoltando proprio loro. Vabè, è dura da spiegare e da capire: è un po’ quella che io chiamo la sindrome di New York, che anche quando ci sei di persona, fisicamente, continua a sembrarti di vederla in televisione.

 

Poi ci sarà una fotogallery appena ho due minuti per photoshoppare e mettere online il tutto – niente filmati però, perché non avevano piacere e io non mi sono quindi permessa (a differenza di chi se ne è bellamente sbattuto, ma purtroppo non puoi entrare nella testa della gente) – ma sarà abbastanza ristretta: una foto o due al massimo per ogni artista, perché riprendere in maniera compulsiva qualcosa a cui stai assistendo trovo sia una contraddizione nei termini: non esiste apparecchio così miracoloso da permetterti di riprodurre a casa le sensazioni che stai provando in quel momento e se filmi o fotografi te le perdi, è inutile. La parte indelebile è in te. È importante che sia così. È l’emozione che ti porterai dietro con il ricordo.

 

Il ricordo di quella sera di luglio a Porretta, quando abbiamo intravisto un angolo di paradiso.

 

LdC

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  1. Complimenti per il post, c’ero anche io a porretta sabato; le tue emozioni sono state quasi le mie stesse :D

  2. Bellissima recensione: hai colto nel segno.

    Veniamo dunque agli sconosciuti con i quali ti sei fatta fotografare: il signore con i capelli bianchi era Austin DeLone, artista di gran pregio ed eccellente coordinatore. L’altra celebrità in tenuta hawaaiana era Nicolino, proprietario di Onofrio, riottoso orso marsicano. Pensa un pò: è l’unico uomo in grado di far firmare un disco a chi non lo ha suonato, zompettando poi via come un folletto e lasciando di sasso il malcapitato bersaglio delle sue attenzioni.

    Del losco figuro in nero e con gli occhialetti da scemo è invece proibito parlare: si vocifera che, dietro alla faccia da imbecille, si nasconda un pericolosissimo hungan voodoo e un infido spacciatore di Vigorsol. E’ meglio non averci niente a che fare.

    Al prossimo festival.

    Bye

    the pusher

  3. Grazie per aver lasciato un segno del tuo passaggio sul mio blog. Mi sono permesso di linkare sul mio post il tuo perchè secondo me spiega molto bene lo spirito del Soul Festival. Se ti va stasera a mezzanotte su http://www.radiogas.it nella mia trasmissione parlerò anche di Porretta. Mi tirerarai una bottigliata nel capo ma io sono uno di quelli che ha fatto un monte di foto (anche perchè dovevo) e se le vuoi vedere vai a questo indirizzo:

    http://picasaweb.google.com/andreaolmi/PorrettaSoulFestival2007

    A riscriverci!

  4. Non so perchè, ma l’orsacchiotto(barzotto?) mi sta già simpatico….

    Pachi sha lalala…

  5. non dirmelo…ancora adesso sento l’odore della citronella. e si che ho smesso di farmi due settimane fa! :) Iena

  6. Grazie per il passaggio sul blog a tutti, orsi marsicani e non ;o)

    Attendo fiduciosa anche le vostre foto così come ha fatto Andrea (se non ho capito male il nome). Soprattutto se vi sono ritratta io, che ho l’ego che scalpita dalla curiosità!

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