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Io un po’ la invidiavo.

14 Maggio 2007

Ennesimo esperimento di poesia senza un minimo di coerenza e di metrica così, come viene, in una giornata leggermente acida che nemmeno due Kinder sono riusciti a rendere più dolce. Anzi. È stato proprio mentre tornavo in ufficio dalla mia incursione a scopo merenda che ho allungato lo sguardo fino a quell’incrocio, quello che nel passato… vabè… dai che domani è un altro giorno. Inutile dire che ho avuto la conferma che il cioccolato fa male. In molti sensi.

 

Poesia.

 

Io un po’ la invidiavo, ma non perché pensavo fosse più bella di me.

O più intelligente.

O più affascinante.

Anzi, pensandoci mi sembrava un po’ volgare.

(magari mi sbagliavo)

Io un po’ la invidiavo, ma non è che le volessi male.

(per amor del cielo, sapevo manco chi fosse)

Anzi, delle due, se avessi potuto parlarle le avrei espresso più che altro solidarietà.

Perchè un po’ la invidiavo, è vero.

Ma non è che avrei mai cambiato la mia vita con la sua.

(così, sulla fiducia, che non sapevo mica la vita che faceva)

(ma l’immaginavo)

(e onestamente meglio a lei che a me)

Io un po’ la invidiavo, ma semplicemente perché era arrivata prima.

Prima di me, intendo.

Di me, di tutte quelle prima di me e di tutte quelle dopo di me.

Che, nel suo caso, significava comunque durante.

Ecco perché un po’ la invidiavo, ma ripensandoci non l’invidio mica più.

(buona fortuna, che mi sa che ne hai bisogno)

 

LdC

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  1. Liz, quante. Tante eh? Ma sì vabè. C’è poi da dire una cosa: noi sapevamo. E sapere è già tanto, perchè ti permette di chiamarti fuori. Ti immagini chi non sa, invece? Non ce l’ha mica la possibilità di scegliere. Oddio, magari resterebbe lo stesso, per comodo, per tornaconto. Bè, facessero loro: non è questo che io voglio dalla persona che mi sta accanto.

    Lerry, la poesia sul domani, domani.

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