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Il Cinzia-gate sulle pagine di Vanity Fair.

18 Marzo 2010

Non amo i falsi moralismi, non sono qui per giudicare e soprattutto non sono una bacchettona-anche se di sicuro non esorto i miei lettori a desiderare la donna d’altri (o l’uomo, o la volpe impagliata, a seconda dei casi): cercherò quindi di affrontare questo tema senza lasciarmi obnubilare dal rancore di chi vorrebbe veder bruciare sul rogo queste due orride persone di chi dovrà subire svariati mesi di commissariamento a causa della mutanda facile di qualcuno. Non so se avete presente cosa significhi commissariamento: sciolti tutti i consigli e liberati tutti i consiglieri, una città viene gestita a livello di minimo sindacale da un pool di tecnici, che per quanto possano essere esperti, si limitano a garantire le funzioni principali del Municipio, ma di sicuro non perdono tempo a dare valore aggiunto alla città, per cui addio eventi culturali, manifestazioni pubbliche, attività di un certo tipo.

(fine del momento politico)

Ma, dicevamo, non sono qui fare del semplice conformismo, bensì solo per parlare della bolognese Cinzia Cracchi, la segretaria invaghitasi (contraccambiata) dell’allora assessore regionale Flavio Delbono e che, una volta scaricata sentimentalmente ma caricata a mo’ di risarcimento sul libro paga della Asl, si è ricordata della propria sete di vendetta solo a ridosso dell’elezione a Sindaco del suo ex (e su questa discrepanza temporale potremmo parlarne fino a domattina) andando a confidarsi non con un bravo psicoterapeuta, bensì con il candidato dello schieramento opposto.

«Lui mi corteggiava, io ero debole» mugola la sedotta-e-abbandonata dalle pagine di Vanity Fair, sbattendo gli occhi da cerbiatta. Come non provare tenerezza e solidarietà femminile per questo raro esempio di umiltà e virginale candore, mi domando.

LdC

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  1. Si ma hanno fatto l'inventario delle griffe? che senso ha? anche il suo abbigliamento è pagato dalla mamma di Delbono?
    Sono troppo stanca per tentare di farmi un'opinione…

  2. Dany, era un'immagine su Repubblica… probabilmente è tutto un indotto della sua momentanea celebrità, così come l'intervista su Vanity. Cioè, se vuoi giustizia e bla bla non ti fai intervistare su un magazine tutta discinta, ma vai avanti come una persona seria nelle aule di tribunale. Così fa tanto Monica Lewinsky al ragù.

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